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Razzismo, Acerbi torna a parlare dopo l'assoluzione: "Grandissimo accanimento come se avessi ammazzato qualcuno"

Il difensore dei nerazzurri ha fornito la sua versione dei fatti

Dopo la chiusura del caso Acerbi-Juan Jesus, conclusasi con l’assoluzione del difensore, lo stesso giocatore ha voluto dire la sua per la prima volta, e lo ha fatto in un’intervista al Corriere della Sera:

“Sono triste e dispiaciuto: è una vicenda in cui abbiamo perso tutti. Quando sono stato assolto, ho visto le persone attorno a me reagire come se fossi uscito dopo dieci anni di galera, molto contente di essere venute fuori da una situazione del genere: sono state giornate molto pesanti. 

Adesso che c’è una sentenza, vorrei dire la mia, senza avere assolutamente nulla contro Juan Jesus, anzi è il contrario perché sono molto dispiaciuto anche per lui. Ma non si può dare del razzista a una persona per una parola malintesa nella concitazione del gioco. E non si può continuare a farlo anche dopo che sono stato assolto.

E’ stata una liberazione, ma nella liberazione sono comunque triste per tutta la situazione che si è creata, per come era finita in campo, per come ci hanno marciato sopra tutti senza sapere niente. Anche dopo l’assoluzione ho percepito un grandissimo accanimento, come se avessi ammazzato qualcuno.

Ma questa non è lotta contro il razzismo, non c’è stato nessun razzismo in campo e io non sono una persona razzista: il mio idolo era George Weah e, quando mi fu trovato il tumore ricevetti una telefonata a sorpresa da lui che ancora oggi mi emoziona. Si sta solo umiliando una persona, massacrando e minacciando la sua famiglia, ma per che cosa? Per una cosa che era finita in campo e nella quale il razzismo non c’entra nulla. Il razzismo purtroppo è una cosa seria, non un presunto insulto. 

Per adesso preferisco non dire nulla sulla Nazionale, è giusto che prima ne discuta con Spalletti. Sono stanco, dopo oggi metto un punto alla vicenda. E non voglio parlarne mai più.”

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